gomma bicromata
Nella stampa alla gomma il colloide utilizzato è la gomma arabica. Il vantaggio, rispetto alla gelatina usata nella stampa al carbone, risiede nella solubilità della gomma in acqua fredda e nella maggiore adesività al supporto cartaceo, tale da poter evitare la tecnica del doppio trasporto. Sulla carta veniva stesa, con un pennello, una soluzione di gomma arabica addizionata con un bicromato e colorata con un pigmento. Dopo l’esposizione seguiva un lavaggio in acqua che permetteva ampi interventi manuali per modificare il tono dell’immagine. Era possibile schiarire l’immagine aumentando la temperatura, muovendo l’acqua del contenitore in cui era immersa, direzionando un getto d’acqua su un punto o agendo con un pennello direttamente sull’emulsione. Si potevano applicare più strati di gomma sia dello stesso colore per rendere più profonde e ricche le tonalità, sia di colori diversi per dare origine a stampe policrome.
Il vero successo del procedimento alla gomma si ebbe in epoca pittorialista, quando le ampie possibilità di intervento manuale sull’immagine ne fecero lo strumento ideale per i fotografi pittoricisti. Si poteva agire sull’immagine con dei pennelli per schiarire le tonalità; o potevano essere aggiunti altri strati di gomma (stampa multipla) per aumentare profondità e ricchezza alle ombre e alle luci dell’immagine. Si potevano aggiungere altri strati con colori diversi per ottenere stampe policrome. Tutto ciò è molto evidente soprattutto nelle opere di Robert Demachy e Charles Puyo e nelle esposizioni del Photographic Salon, una mostra organizzata a Londra dal 1893, da un gruppo di fotografi pittorialisti inglesi.