Il collodio è un composto viscoso ottenuto da nitrato di cellulosa (cotone ed acido nitrico) in soluzione con alcol ed etere che asciuga e indurisce rapidamente formando una pellicola dura ed impermeabile. Nel 1851 Frederick Scott Archer applicò le proprietà di questa sostanza alla fotografia preparandolo con ioduro di potassio (più tardi con bromuro di potassio) e stendendolo sulla lastra di vetro che veniva poi sensibilizzata per immersione in nitrato d’argento. Quest’ultima operazione doveva essere eseguita al buio poiché la grande novità di questa tecnica consisteva in una notevole sensibilità rispetto ai materiali precedenti. La lastra veniva esposta umida e subito sviluppata in acido pirogallico, fissata con tiosolfato di sodio, lavata e asciugata. Tutte queste operazioni dovevano essere compiute velocemente e al buio, circostanza che implicò la nascita di camere oscure trasportabili; infatti la lastra, se il complesso collodio-ioduro d’argento asciugava prima della fine del trattamento, diventava inutilizzabile. Nonostante questa difficoltà operativa fu il procedimento di ripresa per eccellenza di gran parte dell’Ottocento. Per facilitare il lavoro dei fotografi in esterno dal 1854 si diffusero i primi procedimenti al collodio secco, ma la caratteristica di questa tecnica era di dover aumentare i tempi di esposizione di circa dieci volte rendedola idonea alla sola fotografia di architettura.

Le fotografie con tecnica collodio