Con il termine aristotipi si intendono due tipi di carta da stampa ad annerimento diretto che differiscono tra loro solamente per la sostanza colloide in cui sono dispersi i sali d’argento. La prima ad essere prodotta industrialmente, nel 1884, fu una carta a base di collodio seguita subito dopo da una carta alla gelatina ed erano entrambe caratterizzate da una innovazione tecnica introdotta pochi anni dopo la loro comparsa: il baritaggio. Questo consisteva nella preparazione della carta con uno strato di gelatina addizionata di solfato di bario; questo strato, di colore bianco, aveva lo scopo di separare il supporto cartaceo dall’emulsione fotosensibile con il risultato di ottenere una immagine brillante e nitida, senza l’interferenza delle fibre della carta. L’emulsione veniva preparata sciogliendo a caldo nel colloide prima un sale, come il cloruro di sodio, e successivamente il nitrato d’argento dando così origine al cloruro d’argento. Sia le carte al collodio, dette anche celloidine, che quelle alla gelatina, chiamate carte al citrato, potevano essere tinte in rosa o azzurro con coloranti aggiunti direttamente nello strato di barite. Tale operazione era finalizzata a contrastare il naturale ingiallimento della carta. In ogni caso il trattamento finale era generalmente costituito da un viraggio all’oro. La carta al collodio matt è una tipologia particolare di carta celloidina, usata principalmente per la realizzazione di ritratti di alta qualità. La superficie può facilmente essere resa opaca con l’aggiunta all’emulsione di sostanze opacizzanti come amido, silice o resine. La preparazione era analoga a quella delle carte celloidine con, in genere, un baritaggio più sottile. La differenza consiste nella finitura a base di un doppio viraggio all’oro e al platino che conferisce all’immagine una notevole stabilità ed una colorazione neutra con tonalità calde.

Le fotografie con tecnica aristotipo