La performance di Bellomo riattiva una delle tante storie esemplari della Grande Guerra, quella delle migliaia profughi trentini accolti in Puglia, incarnata nella singolare vicenda di Mandurino Weiss e Trento Dinoi, nati lo stesso giorno del 1916. L’intreccio geografico dei nomi, uno riferito al Trentino e l’altro alle terre pugliesi, testimonia un gesto di riconoscenza e affetto reciproco che le famiglie dei due bambini si scambiarono quando a Manduria vennero accolti i trentini. Dalla Prima Guerra Mondiale la storia porta alla Seconda dove Mandurino e Trento, ormai adulti, prestano servizio nell’esercito italiano in Etiopia. Caduti prigionieri degli inglesi e rinchiusi in un campo, si trovano per la prima volta sentendo i rispettivi nomi durante un appello.
Nell’azione performativa l’artista si pone provocatoriamente e ironicamente come “palo umano” e, reggendo un cartello stradale con i nomi, si posiziona nei pressi di un ponte di Manduria affinché esso venga intitolato ai due bambini.
Oltre alle fotografie sono riportati una serie di screenshot - utilizzati dall’artista per sottoporre la sua azione all’attenzione dei politici locali- come parte organica del lavoro.
L’azione, ampiamente riportata dalla stampa, ha dato il via a una campagna di sensibilizzazione sul valore della solidarietà e, anche riportando il fatto alla cronaca dell’oggi e al problema mai risolto dei profughi, ha riumanizzato un processo, rendendolo più efficace nell’immaginario collettivo e più capace dunque di esercitare una presa trasformativa sulla realtà stessa.