Aurora Milillo (1935-1999) è stata la più rilevante studiosa della fiabistica italiana di tradizione orale, un settore di ricerca che ha saputo rinnovare, con originalità e rigore metodologico, attraverso numerose campagne di rilevazione etnografica e una compartecipata attività didattica in Storia delle tradizioni popolari, svolta presso l’Università La Sapienza di Roma tra il 1970 e il 1999.
Nasce a Matera, da Maria Gera e da Vincenzo Milillo. Il padre, avvocato pugliese, senatore della Repubblica con il Partito Socialista Italiano nella prima, terza e quarta Legislatura, la rese presto partecipe del suo impegno politico nel Meridione d’Italia, dell’incontro con un mondo contadino lucano e con i protagonisti della vita politica e culturale del tempo: da Rocco Scotellaro a Francesco Saverio Nitti, a Carlo Levi.
Milillo giunge da una formazione in filologia germanica alla ricerca antropologica attraverso la sua partecipazione alla nota campagna di documentazione sulle “tradizioni orali non cantate” che l’AELM, Archivio Etnico Linguistico-Musicale della ex Discoteca di Stato, promuove nel 1968 sotto la direzione di A. M. Cirese e L. Serafini. È un’esperienza che segna l’avvio di un’appassionata ricerca sul campo, fortemente influenzata dal pensiero e dall’opera di Ernesto de Martino, con uno sguardo che si volge ai portatori di una tradizione narrativa orale, riconosciuti nei contadini, pastori, carbonai, pescatori, artigiani, che vivono in un sistema di produzione orale diverso da quello ufficiale fondato sulla scrittura; una prospettiva che risente anche del fondamentale incontro con Diego Carpitella, in una condivisione di metodologie della sua pratica etnografica, anche riguardo l’uso della registrazione sonora e audiovisiva come fondamentale esigenza di metodo (1978, 1983). Il problema del trattamento e della catalogazione dei testi di tradizione orale si apre inevitabilmente alla loro natura di performance, all’attenzione verso i contesti e alle condizioni del narrare e dell’ascolto.