Vincenzo Castella
Nelle opere di Castella la rappresentazione dello spazio – sia esso uno spaccato della realtà urbana, un paesaggio o un interno – risente della ambigua prossimità tra visione oggettiva e vissuto individuale. Questa contiguità determina un arricchimento della superficie documentaria, poichè consente di associare al contesto esterno materiali più intimi e personali, senza però intervenire con un’interpretazione soggettiva. L’autore infatti nei suoi scatti punta all’azzeramento dell’io narrante, focalizzando la ricerca sui temi della distanza e della dislocazione. «La mia idea è quella della costruzione dell’immagine quasi senza lo sguardo: eliminare le metafore e cioè il culto della personalità dello sguardo». Un metodo questo che egli applica all’indagine sull’architettura e sul paesaggio dove l’ambizione di fornire una visione complessiva dello spazio (spesso grazie a vedute dall’alto) convive con una visione parziale che, attraverso l’avvicinamento del punto di vista, riduce la distanza tra oggetto mirato e soggetto rimirante.
Questo doppio registro di veduta, questo scarto di lontananza, è un tratto ricorrente nel lavoro di Castella e riguarda principalmente la necessità di posizionarsi nella realtà per poterne decifrare la complessità, essere cioè al contempo regista e attore.
L’attitudine riflessiva, la ricerca di un ‘metodo’ più che di un risultato, connota il lavoro di Castella fin dagli esordi. «L’idea della ricerca, quasi una caccia fotografica all’immagine, la foto bella, la foto unica… era una cosa che non potevo sopportare. Mi interessava molto il respiro del lavoro, (…) Per me era importante lavorare su una metodologia che comprendesse tutta la mia vita, cioè la costruzione, dal basso, dall’individuo, di un metodo, di un racconto». (Intervista al fotografo Vincenzo Castella di A. Madesani, su Artribune, 8 aprile 2018).
Il colore e la grande dimensione delle stampe che Castella produce (da negativi di grande formato) non sono escamotage di spettacolarizzazione, ma gradienti necessari alla modalità quasi fiamminga di inquadrare il mondo; l’accuratezza nella stampa e la qualità dei dettagli che il grande formato permette, sono parte fondante della ricerca e rispecchiano la sua fascinazione per la materia di cui è fatto il visibile, che sia legno, marmo, acqua o aria.