Cresci è una delle figure cardine nella storia della fotografia italiana, soprattutto per l’approccio critico, sperimentale e multidisciplinare della sua incessante ricerca visuale.
Dal 1969 – anno di Environnement, la prima installazione fotografica realizzata in Europa presso la galleria Il Diaframma – Cresci ha sviluppato un discorso che privilegia l’indagine critica e autoriflessiva del linguaggio fotografico. A spese di continue “verifiche”, la sperimentazione di Cresci è mossa dalla curiosità di indagare le ambiguità dei processi visivi e di ogni esperienza percettiva.
La particolarità della sua figura di “operatore visivo” – fotografo, artista, critico, visual designer – sta nella concezione del linguaggio fotografico, inteso come strumento per indagare la realtà, più che per produrre immagini fine a sé stesse.
In tutto il suo lavoro appare evidente come pur concependo la fotografia come un procedimento creativo che trova in sé le sue giustificazioni, Cresci non trascura di misurarsi con il quotidiano, collocando la sua ricerca tra il pensato e il vissuto, tra l’arte e la vita.
Radicata negli studi multidisciplinari iniziati a Venezia nel 1963, la sua ricerca si connota in senso concettuale alla fine degli anni ‘60 anche grazie all’incontro con i protagonisti dell’arte povera (Pascali, Mattiacci, Kounellis e Boetti). Partecipa al tumultuoso fermento culturale di quegli anni attivando sul territorio operazioni di carattere interdisciplinare, ridefinendo in questa militanza il ruolo dell’artista nella sua dimensione etica e sociale.
Nel 1970 viene invitato alla Biennale di Venezia. Sarà poi invitato nuovamente nel 1978, 1993 e 1995.
Negli anni ’70 si trasferisce a Matera dove ibrida lo studio del linguaggio e la cultura del progetto con l’interesse per l’antropologia culturale, realizzando eventi significativi per quegli anni, tra cui la pubblicazione Matera, immagini e documenti (1975), primo lavoro fotografico sulla cultura antropologica urbana del Mezzogiorno italiano.
Dagli anni ’80, quando in Italia si assiste a un generale ripensamento del paesaggio e della sua immagine stereotipata, Cresci si misura con questa nuova impostazione e, invitato da Ghirri al progetto Viaggio in Italia del 1984, contribuisce in modo sostanziale alla ridefinizione del ruolo della fotografia in questo processo, diventando uno dei protagonisti della cosiddetta “scuola italiana di paesaggio”.
Numerosissime le pubblicazioni, le mostre, le committenza istituzionali, i riconoscimenti internazionali e soprattutto i progetti con i quali Cresci continua a misurarsi, in una instancabile, appassionata e costante ricerca sul significato e sull’uso delle immagini.